La Radice
La radice è quell’apparato sotterraneo che serve ad ancorare la pianta al terreno, attraverso il quale la pianta assorbe sostanze nutritive, quali l’acqua ed i sali minerali e li trasforma in un liquido particolare, detto linfa che, risalendo lungo la struttura verticale del vegetale, si diffonde su tutta la pianta e soprattutto sulle foglie.Sulle foglie avvengono quei processi chimici che vengono chiamati fotosintesi clorofilliana che consentono alla pianta di produrre e sintetizzare i suoi principi attivi.Le radici si distinguono in:
- radice cilindrica (a fittone) che, come se fosse una sorta di palo, penetra nel terreno in profondità. Un esempio è la carota, ma anche le radici degli alberi hanno un grosso fittone che arriva anche a 5-6 metri di profondità;
- radice fascicolata, rappresentata da un fascio di sottili e lunghe radici; si pensi alla cipolla con il suo caratteristico fascio di filamenti;
- tuberi, quando la radice fascicolata presenta, lungo i suoi fasci, dei rigonfiamenti che si chiamano tubero (esempio le patate)
- rizoma, quando la radice si è trasformata in fusto carnoso e fibroso, sotterraneo o strisciante.
La Foglia
Un altro organo importante per riconoscere una pianta medicinale è la foglia, sede dei processi di sintesi chimica, che consentono alla pianta di produrre i suoi principi attivi.
Le foglie normalmente hanno il colore verde perché contenenti un pigmento, la clorofilla, all’interno dei cloroplasti, che consente la fotosintesi, un processo unico che l’uomo ancora non è riuscito ad imitare.
Le radici assorbono liquidi dal terreno, i quali sono ricchi di minerali. Questa linfa viene trasportata in tutte le parti della pianta.
Sostanze quali proteine, glucidi, ormoni, grassi vengono, in parte, immagazzinate nella foglia e, in parte, negli organi di riserva (carota, patata).
La fotosintesi clorofilliana avviene ad opera della clorofilla la quale cattura l’energia luminosa del sole, convertendola in energia chimica sotto forma di glucosio, per trasformazione della CO2.
L’identificazione di una foglia avviene in base a tre elementi:
– lunghezza del picciolo, quel tratto che la lega al ramo;
– forma e ampiezza che può essere allungata, aghiforme (pino), oppure ampia (lattuga), ecc.
– bordo che la delimita (margine fogliare), che può essere più o meno seghettato.
Il Fusto
Ha una specifica funzione di sostegno e contribuisce al trasporto, fino alle foglie, delle sostanze assorbite dalle radici.
Esistono principalmente tre tipi di fusto.
- Fusti legnosi: gli alberi hanno dei fusti legnosi, un’impalcatura molto ampia, perché le loro radici sono dei fittoni che penetrano profondamente nel terreno; ma ci sono anche dei fusti che hanno una struttura intermedia tra il fusto legnoso e il frutto erbaceo;
- Fusti suffrutici: presenti negli arbusti che non presentano mai fusti legnosi, non diventano mai alberi, ma mantengono un aspetto erbaceo;
- Fusti volubili: in alcuni casi, questi fusti invece di essere eretti, si appoggiano sul terreno; in genere sono presenti in luoghi con molto vento dove le piante si piegano per resistere, divenendo volubili per ancorare la pianta ad un sostegno. Un esempio ci viene dato dalla campanella, ma anche dall’edera, dal rovo, piante che hanno bisogno di appoggiarsi ad un sostegno (una staccionata, un muro, un albero).
A volte, il fusto subisce delle particolari trasformazioni:
- Fico d’India: quelle che noi chiamiamo volgarmente pale, sono in realtà dei rami e le spine sono foglie trasformate; si tratta di trasformazioni che consentono al fico d’india, vivendo in luoghi aridi, di immagazzinare acqua e di ridurre l’evaporazione; poiché la zona di maggiore evaporazione è la foglia, se questa ha una superficie ridotta, assumendo la forma di una spina, evapora ben poco; il fatto che le pale siano verdi denota la presenza di cloroplasti e fa capire che il processo di fotosintesi, operato normalmente dalla superficie fogliare, viene trasferito ai rami (in questo caso, fusti trasformati);
- Pisello: la pianta del pisello ha un fusto volubile, che si sostiene ad un supporto aiutato dai cirri, robusti filamenti vegetali di colore verde che fissano saldamente la pianta; anche i cirri delle altre leguminose non sono altro che foglie trasformate;
- Vite: viticci, propaggini che servono ad ancorare la vite ad un supporto, sono foglie trasformate; infatti, sono di colore verde perché effettuano la fotosintesi.
Il Fiore
È l’organo di un vegetale che porta gli apparati riproduttori maschile (androceo) e femminile (gineceo).
l fiori hanno, quindi, un sesso come la pianta che li porta e, quindi, saranno maschili, femminili ed ermafroditi (quando i due apparati riproduttori maschile e femminile sono presenti nello stesso fiore).
Le parti del fiore
1) Apparato femminile
Nella parte centrale del fiore, quella circondata dai petali, si trova una struttura ovale globosa, detta ovario, che contiene al suo interno gli ovuli.
L’ovario è sormontato da una struttura cilindrica, detta stilo, con in cima una sorta di piattaforma, dalla forma molto varia, detta stimma.
2) Apparato maschile
E’ rappresentato da una serie di filamenti chiamati stami, in cima ai quali si trova una gibbosità detta antera, cava, dove si produce il polline (corrispondente al gamete maschile), grazie al quale i fiori possono esser fecondati (impollinazione).
Ci sono diverse forme di impollinazione:
1. Impollinazione zoofila: i pollini possono andare da un fiore all’altro trasportati da insetti, uccelli e altri animali che favoriscono la fecondazione
2. Impollinazione idrofila, quando il polline è trasportato dalla pioggia;
3. Impollinazione anemofila, quando il polline è trasportato dal vento.
l fiore non è altro che uno strumento di richiamo che, grazie ai suoi colori e al suo profumo, richiama gli insetti, i quali portano il polline, attaccato alle zampe, alle ali, ai peli che rivestono il loro corpo, trasportandolo da un fiore all’altro.
Quando il polline, portato dagli insetti, giunge sullo stimma del fiore i cui ovuli sono maturi, si realizza la fecondazione: il fiore ormai non serve più, quindi si secca, l’ovario si ingrossa e si trasforma in frutto.
I fiori possono essere singoli, oppure possono essere composti da infiorescenze. In questo caso, il fiore è accompagnato da altri fiori in una struttura composita che può avere un aspetto di grappolo (glicine), di spiga (grano, orzo), di pannocchia oppure composto (come la margherita che è un fiore multiplo, in cui i fiori centrali, tutti infissi l’uno accanto all’altro, sono detti fiori del disco, mentre quelli del giro esterno hanno un petalo più lungo e sono detti fiori ligulati).
Il Frutto
Affinché il frutto si formi, è necessario che l’ovario sia fecondato. Questo avviene grazie agli insetti che, arrivando sul fiore per succhiarne il nettare, lasciano cadere i pollini che recano addosso, e se sono corrispondenti alla specie cui appartiene quel fiore, possono giungere casualmente sullo stimma che si fessura, formando un canale nel quale viene risucchiato il polline. In questo modo, arriva all’interno dell’ovario e feconda gli ovuli.
La conclusione della fecondazione porta all’eliminazione del fiore: appassisce, perde i petali e tutte le altre impalcature esterne di richiamo, ormai inutili. Rimane solo la sua parte centrale, l’ovario.
Il frutto è composto da buccia, polpa e semi ed è rappresentato dall’ovario che ha, all’interno, i semi fecondati e, all’esterno, una struttura di protezione legnosa o succulenta (il frutto) che è quella che noi mangiamo.